HDR - tra polemiche e potenzialità.

Mi capita spesso di imbattermi in articoli che parlano dell'HDR, nei quali il tema non è tanto la tecnica e le potenzialità insite nel mezzo, ma piuttosto l'utilizzo che ne viene fatto da parte di alcuni fotografi. 


L'HDR, acronimo di High Dynamic Range, è una tecnica che consente di riprodurre correttamente le parti di una scena che presentano forti differenze di luminosità, attraverso l'unione di più foto esposte diversamente.
La grande capacità di adattamento dei nostri occhi ci consente di percepire senza problemi immagini nelle quali ci sono differenze di ben 18 stop tra le varie zone, mentre le attuali macchine fotografiche, anche di ottimo livello, arrivano a poter registrare divari massimi di circa 11-12 stop.
Anche se non tutte le foto hanno una gamma dinamica così ampia (in tante situazioni si registrano 6-7 stop), molte volte ci sarà capitato di scattare una foto nella quale il cielo risultava fortemente sovraesposto rispetto al terreno, tanto da ridursi a una grande macchia luminosa priva di qualsiasi colore o particolare:  in casi come questi, anche la sola unione di due foto, una esposta per il cielo, e l'altra per il terreno, è in grado di restituirci un'immagine decisamente più vicina a quella che i nostri occhi hanno visto quando abbiamo deciso di scattare la foto.
Se poi eseguiamo una serie di 3 foto (+ o - 2stop), ma in situazioni di fortissimo contrasto alcuni  utilizzano anche 5-7 foto distanziate di + o - 1stop, il risultato ci sorprenderà.
Allora perché questa polemica continua sull'utilizzo dell HDR? 

Molti professionisti e fotoamatori evoluti, utilizzano l'HDR esclusivamente per ampliare la gamma dinamica e riprodurre meglio quanto osservato, evitando che
l'elaborazione della foto apporti trasformazioni tali da creare una nuova realtà;


altri utilizzano le possibili modifiche che si possono introdurre durante il processo di fusione e mappatura, per esaltare alcune parti dell'immagine e ottenere di drammatizzare la scena o di creare un effetto pittorico che trasforma completamente il soggetto.


Io ho l'abitudine di giudicare le foto per quanto riescono a trasmettermi, e considero la fotografia come una delle tante forme d'arte che si basano sulla rappresentazione per immagini, come il disegno e la pittura; certamente con valenza e forma diversa, ma pur sempre un'espressione della creatività. Non trovo quindi niente di sbagliato nel fatto che l'elaborazione di una foto possa modificare anche in maniera sostanziale la realtà di una scena, a patto che rappresenti la ricerca di un effetto studiato e voluto, e non l'uso ripetitivo di uno schema che viene applicato a tutte le foto solo perché si ottiene facilmente qualcosa di diverso dal consueto.

D'altra parte, non me ne voglia chi non ama l'HDR, dobbiamo prendere atto di alcuni aspetti:
- la fotografia non è mai la riproduzione fedele della realtà, ma piuttosto quello che noi vogliamo rappresentare della realtà: pensiamo alle foto in bianco e nero, che tanto piacciono ai fotografi professionisti e alla critica.
- le elaborazioni volte ad ottenere effetti grafici particolari, venivano praticate anche nella fotografia analogica, riproducendo in camera oscura stampe che alteravano fortemente la realtà: pensiamo ad esempio al processo di solarizzazione di un'immagine.
- sino dalla metà dell'800, fotografi come Gustave Le Gray, hanno utilizzato con successo la sovrapposizione di più immagini dello stesso soggetto, sia per ampliare la ridotta gamma dinamica (più foto esposte diversamente), sia per ottenere effetti pittorici particolari (più foto dello stesso soggetto esposte in momenti diversi della giornata).
- l'elaborazione in HDR utilizzata bene ha delle grandi potenzialità, tanto che quasi tutte le principali marche di fotocamere la stanno inserendo tra le funzioni utilizzabili direttamente in ripresa.